Gennaio 2021
Sicuramente non per tutti la fotografia è musica e non è detto che la fotografia debba “essere musica”. Tuttavia, la relazione fra fenomeni acustici e visivi ha da sempre affascinato artisti, musicisti e scienziati.
Già Pitagora sosteneva che “la geometria delle forme è musica solidificata” e nel lontano 1725 il padre gesuita Louis Bertrand Castel immaginò uno strumento, chiamato “clavicembalo oculare”, che producesse contemporaneamente suoni e colori. Ma il primo vero esperimento sulla correlazione tra suono, materia e forme risale al 1782 ed è di Ernst Florens Friedrich Chladni, che descrisse le cosiddette “figure sonore”. Egli mise un sottile strato di sabbia su una placca metallica e questa fu fatta vibrare con l’archetto di un violino: quelle che ottenne furono delle figure che si formavano in quanto la sabbia si spostava dalle zone maggiormente sottoposte a vibrazione e si raggruppava in quelle dove la vibrazione era assente.
In seguito, il medico e musicista svizzero Hans Jenny proseguì lungo la strada iniziata da Chladni e fu il teorizzatore della cosiddetta Cimatica (dal greco κύμα, onda), che studia il rapporto tra suono e materia. Secondo questa affascinante teoria (dai più critici definita “pseudoscienza”), le vibrazioni delle onde sonore su materiali diversi (quali acqua, olio o grafite), propagandosi nell’aria, avrebbero un effetto morfogenetico, ossia riuscirebbero a generare delle forme visibili chiamate “figure di Chladni”, in onore di colui che le aveva studiate per prime. Le forme varierebbero al variare della frequenza emessa, il che porterebbe non solo a sentire il suono della musica, ma anche a “vederlo”, tramite una perfetta corrispondenza tra suono e forma.
Esiste un curioso e raro fenomeno, chiamato sinestesia, che riguarda una ristretta fascia di popolazione (dallo 0,05% al 4%) per la quale una foto può produrre suoni o una melodia essere colorata. Nella sinestesia un certo tipo di stimolo determina la fusione della percezione di sensi distinti. Spesso si associa a eccellenti doti mnemoniche e spiccate abilità creative ed è frequente in artisti, letterati e poeti. Tra questi pare ci fosse anche il pittore russo Vasilij Vasil’evič Kandinskij, uno dei primi autori di arte puramente astratta, che raccontava di vedere la musica e di trasferire le sue sensazioni sulla tela (Lo spirituale nell’arte, 1910). A un certo punto, tale fu in lui il legame tra la pittura e la musica che iniziò a intitolare le proprie opere con un linguaggio tipico dei musicisti: Impressioni, Composizioni, Improvvisazioni.
In campo fotografico, la musica spesso è stata utilizzata per accompagnare una proiezione di immagini in sequenza e in questo caso parliamo di “Immagini Sonorizzate”; quando in aggiunta esiste anche un progetto di comunicazione, e creiamo dei veri e propri racconti foto-musicali, allora parliamo di “Audiovisivi Fotografici o Diaporama”.
Tanti sono stati i fotografi musicisti e tra questi Ansel Adams, ottimo pianista classico durante gli anni giovanili; Weegee, che suonava egregiamente il violino e accompagnava i film del cinema muto; Florence Henri, allievo di pianoforte di Ferruccio Busoni a Parigi, e molti altri ancora come “Chim” Seymour, Lisette Model, Eugene Smith. Anche Larry Towell, famosissimo fotografo dell’Agenzia Magnum e cantautore affermato, ha cantato e suonato dal vivo i suoi pezzi durante la proiezione in contemporanea delle sue foto.
Se immagini e suoni s’incontrano in ambito creativo, lo spettacolo può diventare veramente suggestivo, sia quando vengono prodotti brani musicali ispirati dalla visione di alcune immagini (traduzione in suoni), sia quando si crea una sorta di flusso di idee generato dalla musica, una “visualizzazione musicale” (traduzione in immagini).
In Sardegna, dove il fervore culturale e artistico ha mantenuto alto il livello di sperimentazione, Alex Pinna, pittore e scultore, disegnando su una tavoletta grafica durante i concerti di Time in Jazz a Berchidda (con Paolo Fesu, Uri Cane e altri grandi del jazz), ha dato vita a espressioni perfettamente riuscite di note e colori. Unendo le sue improvvisazioni grafiche alle improvvisazioni jazz dei musicisti, ha realizzato con loro un vero e proprio “dialogo” artistico.
E quante volte noi fotografi abbiamo restituito la musica attraverso una fotografia! Essendo un’arte che parla attraverso la nostra sfera emotiva, possono essere tante le risonanze interiori legate all’ascolto di un brano classico, rock o pop, e altrettante le diverse rappresentazioni visive evocate mentre, per esempio, contempliamo un paesaggio, durante la rappresentazione di un ritratto etc.
Vorrei concludere segnalando un bel lavoro dal titolo “Omofonie silenziose” del fotografo oristanese Giuseppe Tamponi, che si occupa di fotografia musicale da oltre 20 anni. É un work in progress, in cui le intense immagini in bianco e nero (per ora 22 omofonie silenziose) sono state scelte con l’intento di evidenziare le similitudini espressive dei cantanti ritratti.