Marzo 2021
Ho una naturale attitudine all’ astrazione e questo mi permette di vedere, attraverso le luci e le ombre, alcune forme che alludono a infinite altre. Con la macchina fotografica sento il bisogno di ricercare significati oltre l’evidenza e a volte uso la fotografia non come rivelazione, bensì come astrazione dal reale ed evocazione di realtà immaginarie, come infinito universo di ricerca. Talora ad attrarmi sono forme geometriche, linee e curve, in altri casi invece sono i patterns (configurazioni ripetitive di forme) e le texture (strutture e trame delle superfici).
Questo affascinante genere fotografico, che mi permette di trasformare la realtà in altre realtà, fantastiche, surreali e metafisiche, si rifà alla cosiddetta “Fotografia astratta”, congeniale per chi ama la sperimentazione e liberare la creatività e l’espressività.
Non ho trovato una definizione comunemente usata del termine “Fotografia astratta”, forse perchè riguarda un tipo di fotografia che per sua natura è ambigua: a volte viene chiamata fotografia non oggettiva, oppure sperimentale, concettuale o concreta. Sicuramente essa è un mezzo per rappresentare un’immagine visiva che non ha un’associazione immediata con il mondo degli oggetti e anche per questo è spesso praticata da veri e propri artisti visivi.
L’ origine della fotografia astratta viene fatta coincidere con quella del modernismo (fine del XIX secolo e all’inizio del XX): i primi quadri astratti risalgono al 1910, con Vasilij Kandinsky, Kasimir Malevich e altri, e quasi contemporaneamente anche i fotografi iniziano a fare sperimentazioni nella medesima direzione. Tra i primi a realizzare fotografie astratte è stato il fotografo statunitense Alvin Langdon Coburn (1882-1966), autore delle cosiddette “Vortografie” in cui gli oggetti fotografati acquistano un aspetto geometrico e caleidoscopico. Un altro famoso fotografo, legato al movimento artistico culturale definito “espressionismo astratto”, è stato Aaron Siskind (1903-1991), che trasformava oggetti quotidiani, muri o elementi naturali, in composizioni geometriche dalla forte valenza metaforica. Infine vorrei citare la fotografa e artista Ellen Carey (nata nel 1952), nota per la fotografia concettuale e le sue immagini astratte paragonate a pitture a campi di colore.
Per un’efficace fotografia astratta anche noi possiamo scegliere se usare la macchina fotografica oppure no, lavorare in camera oscura o con un computer, oppure manipolare la pellicola, la carta o altri supporti fotografici. Possiamo fare composizioni statiche o dinamiche, per esempio giocando con il bianco e nero oppure coi colori, con le luci e le ombre, oppure isolando porzioni di realtà con un’inquadratura ravvicinata e un obbiettivo macro (ottica particolare che permette di ottenere immagini di soggetti molto piccoli tramite forti rapporti di ingrandimento).
Se si pensa che la fotografia nasce con la funzione di riprodurre la realtà e che quindi la condizione necessaria per poter parlare di fotografia alla fine è l’esistenza di qualcosa davanti all’obiettivo, l’astrazione in fotografia può sembrare un paradosso e quindi la tensione di alcuni fotografi verso l’astrazione potrebbe esser vista come un fuggire dalla fotografia stessa. In realtà a mio parere non è così. L’essenziale, come sempre, è che le immagini siano in grado di procurare emozioni, in noi e in chi le osserva. Perchè, per dirla con Michele Smargiassi, “Giocare a rimpiattino con le forme. Alludere a quello che non è, ma può essere: non è uno dei segreti della poesia?”.